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Taranto, il piano ambientale di ArcelorMittal è top-secret

L’addendum al piano ambientale di ArcelorMittal, reso pubblico solo nella sua versione divulgativa sul sito del ministero dello Sviluppo economico, risulta introvabile tra gli atti ufficiali del dicastero dell’Ambiente. E non ci riferiamo alla sua versione integrale ma a quella rielaborata, priva, cioè, dei dati reputati sensibili dall’azienda. Una circostanza che fa nascere non pochi dubbi sulla validità ed attendibilità dell’addendum quale documento migliorativo del piano ambientale.

In verità su tutta la documentazione ufficiale vige il segreto più rigoroso. Non stupisce, dunque, il diniego all’accesso generalizzato al piano industriale ed ambientale di Am InvestCo, ricevuto dalla Regione Puglia da parte della direzione del ministero dello Sviluppo Economico. Diniego, peraltro, dichiarato legittimo dal Tar Lazio (ordinanza n.8392/2018). Come noto, con l’introduzione dell’accesso agli atti generalizzato (decreto legislativo n.97/2016, a modifica del decreto legislativo n.33/2013) – avvenuto ad opera del Foia (Freedom of information act) – è ora consentito visionare gran parte degli atti e delle informazioni in possesso della pubblica amministrazione. L’istanza è gratuita e non va motivata. I casi in cui è previsto il diniego, secondo l’attuale normativa vigente riguardano: a) la sicurezza pubblica e l’ordine pubblico; b) la sicurezza nazionale; la difesa e le questioni militari; d) le relazioni internazionali; e) la politica e la stabilità finanziaria ed economica dello Stato; f) la conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento; g) il regolare svolgimento di attività ispettive. È previsto, inoltre, il diniego anche quando è necessario per evitare un pregiudizio concreto di uno dei seguenti interessi privati: a) la protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia; b) la libertà e la segretezza della corrispondenza; c) gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali. Tali casi, non contemplati nel decreto Trasparenza originario (decreto legislativo n.33/2013), sono stati introdotti successivamente con il decreto legislativo n.97/2016 del Foia, che con l’introduzione dell’articolo 5-bis (Esclusioni e limiti all’accesso civico) ha, di fatto, stabilito un limite all’accesso alle informazioni detenute dalla pubblica amministrazione.
E proprio sulla tutela degli «interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali» si è basato il diniego all’accesso agli atti richiesto dalla Regione Puglia.
E non è neppure consentito conoscere l’iter della procedura di gara per il trasferimento dei complessi aziendali Ilva ad ArcelorMittal.
Secondo fonti interne al ministero dello Sviluppo economico, l’intero procedimento sarebbe stato caratterizzato da enormi complessità. In oltre due anni avrebbe dato luogo ad un numero talmente elevato di documenti da renderne impossibile addirittura la quantificazione.
In merito alle richieste di un gran numero di documenti le linee guida Anac n.1309 del 28 dicembre 2016 sono chiare: «L’amministrazione è tenuta a consentire l’accesso generalizzato anche quando riguarda un numero cospicuo di documenti ed informazioni, a meno che la richiesta risulti manifestamente irragionevole, tale cioè da comportare un carico di lavoro in grado di interferire con il buon funzionamento dell’amministrazione. Tali circostanze, adeguatamente motivate nel provvedimento di rifiuto, devono essere individuate secondo un criterio di stretta interpretazione, ed in presenza di oggettive condizioni suscettibili di pregiudicare in modo serio ed immediato il buon funzionamento dell’amministrazione.»
Per questo motivo abbiamo provato a chiedere al ministero dello Sviluppo economico l’accesso all’atto ufficiale relativo al solo addendum ambientale integrativo. Ritenendo di non gravare sul «buon funzionamento dell’amministrazione». Trattandosi di una parte del piano ambientale abbiamo specificato di omettere le informazioni sensibili e tutto ciò che potesse ledere gli interessi del privato, in questo caso ArcelorMittal.
Ma il risultato non è stato diverso. Infatti, dalla direzione generale del ministero dello Sviluppo economico, in data 20 dicembre 2018, ci hanno risposto che «L’addendum al piano ambientale, oggetto del presente accesso, deve intendersi riferito all’addendum integrativo del contratto stipulato tra le Parti in data 28 giugno 2017. Tale documento, al pari del piano ambientale originario di AM, contiene riferimenti a processi organizzativi e metodologici riguardanti il know-how aziendali; le conoscenze tecniche, le esperienze operative, gli studi applicativi riferibili al settore economico di interesse, tutti elementi suscettibili di utilizzo in ambito industriale […] nonché informazioni – in combinazione con altri elementi neanche oscurabili parzialmente – riguardanti le trattative con le parti sociali per profili occupazione, la pianificazione degli investimenti, il riparto dei flussi finanziari come tali legittimamente sottratti all’accesso. Peraltro, sussistono esigenze di riservatezza relative al suddetto documento corroborate dal richiamo ivi contenuto alla clausola di confidenzialità presente nel contratto stipulato tra le parti in data 28 giugno 2017. Alla luce di quanto sopra, è negato l’accesso all’addendum ambientale […].»
Insomma, è stato possibile estrapolare la versione divulgativa dell’atto ufficiale, pubblicata sul sito del ministero dello Sviluppo economico, omettendo i dati sensibili e senza che questo ne stravolgesse la sostanza, ma risulta estremamente complesso, anzi impossibile, oscurare quegli stessi dati dal documento ufficiale. Qualcosa non torna.

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Autore:

Responsabile del Comitato Legamjonici di Taranto. Nel 2010 consulente di parte nell’inchiesta “Ambiente svenduto” sull’Ilva.