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Ex Ilva, ArcelorMittal abbandona Taranto. Il premier Conte: «Non ho la soluzione in tasca»

Sciopero di 24 ore per gli operai dello stabilimento ma il lavoro non si ferma. Ad accogliere il presidente del Consiglio anche cittadini e associazioni.

Il 4 novembre ArcelorMittal ha notificato le dismissioni ai Commissari ex Ilva. E d’urgenza si è azionata la macchina istituzionale per scongiurare la paralisi economica e sociale, non solo della città di Taranto, ma dell’intero Paese.
Da qui l’arrivo a sorpresa, nella giornata di venerdì 8 novembre, del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ai cancelli della portineria D, dell’ex Ilva, per partecipare al Consiglio di fabbrica permanente indetto dai sindacati insieme allo sciopero di 24 ore. Sciopero da presenza esigue.
All’ingresso della fabbrica si sono vissuti momenti di alta tensione e contestazioni intervallati dal dialogo tra il premier e alcuni manifestanti che esponevano lo striscione “Chiusura e riconversione unica soluzione”. Blindato dalla disperazione dei genitori che hanno perso i propri figli, dalle madri che chiedono un futuro migliore per i figli vivi, dalla paura di cassintegrati e operai.
«Che mio figlio sia l’ultimo» è ciò che ha chiesto al presidente del Consiglio, con la foto tra le mani, il papà di Francesco Vaccaro, morto di anemia emolitica autoimmune dopo quattordici anni di calvario.

UNA BOMBA SOCIALE
La polvere ha un odore acre, forte. Il cielo grigio, una lieve pioggia segna un presagio su Taranto. Quello della crisi sociale. Un solco, una spaccatura: lavoro e salute. La lettera di recessione dal contratto inviata ai Commissari straordinari di Ilva spa da parte di ArcelorMittal ha messo in subbuglio una maggioranza di Governo che su quel punto, su quella chiusura di contratto, ha restituito con delusione e amarezza alla città le non promesse mantenute, ma ha ottenuto a prima vista il miglior accordo occupazionale. È bastata una crisi “ciclica” dell’acciaio e l’annullamento dell’immunità penale con decreto n.101/2019, convertito in legge, precedentemente accordata agli amministratori della società per la realizzazione del piano ambientale, per riportare Taranto nel caos più totale e alla ribalta nazionale. Un gioco forza forse dettato dalla vera intenzione del colosso franco-indiano di interrompere il contratto perché non più conveniente per la domanda di mercato, oppure potrebbe trattarsi di un “lancio” per dettare nuove regole contrattuali?
Dopo circa un’ora di ascolto della cittadinanza, in quel corridoio a cielo aperto che conduce i dipendenti all’interno dell’azienda, Giuseppe Conte raggiunge i 200 operai in parte rappresentanti delle tre sigle sindacali Fiom, Fim, Uilm.
«Ce la dobbiamo proprio dire? È un po’ difficile fare impresa a questo livello. Perché oggi fai impresa solo se riesci a interloquire con tutti gli stakeholder verso lo stesso obiettivo. Il nostro interlocutore va via perché dice che è insostenibile sul piano economico. Questo settore commerciale attraversa crisi cicliche, fa parte del rischio di impresa. Ma è chiaro che qui dobbiamo creare le premesse perché ci sia un’attività produttiva che sia consonante con la comunità locale. Questo non significa – continua Conte – che di fronte al signor Mittal si dica “Vai via tranquillamente ce la vediamo noi”. Non funziona così. Ci sarà una battaglia legale durissima, se la decisione verrà confermata. Tutti insieme dobbiamo combattere questa battaglia perché il segnale che dobbiamo dare è l’orgoglio del Sistema Italia.» E qui un senso di unità “patriottica” fa scattare gli applausi di tutti i partecipanti all’incontro.
Il premier Conte è stato chiarissimo e invia una missiva indiretta alla controparte: «Se si produce in Italia sei il benvenuto. Quindi partecipi ad una gara, offri le condizioni migliori degli altri, ti viene aggiudicata la gara, sottoscrivi un contratto, sottoscrivi un impegno: un piano industriale, un piano ambientale e un piano occupazionale e lo rispetti.»
I vertici aziendali, oltre alla notifica ai Commissari, hanno indirizzato un atto di citazione presso il Tribunale di Milano per accettazione della legittimità al recesso, intanto si cerca su un filo sottilissimo per un rientro nella trattativa.

VIE D’USCITA PER STARE DENTRO
Dopo il primo incontro d’urgenza a Palazzo Chigi tra l’azienda e il presidente del Consiglio si prospettano due strade scontate: ritrattare con la multinazionale e pare che – oltre allo scudo – la questione potrebbe convergere, nonostante la contrarietà dei sindacati, sulla riduzione degli esuberi già proclamati: quei 5.000 in più sproporzionati all’attuale produzione dell’acciaio. Questo è stato un tabù durante le ore di permanenza a Taranto del premier. Oppure trovare un piano B, sul quale è già in moto una cabina di regia che cerchi nuovi investimenti produttivi che garantiscano la tutela ambientale, il diritto alla salute e i livelli occupazionali.
Il presidente Conte non ha dato luogo a fraintendimenti così come, invece, ha fatto la parte politica di cui è espressione: non ha parlato di chiusura, anzi ha chiesto a tutti di fare sistema per superare la crisi.
Le intenzioni sono chiare: non mollare la presa, non fermare per ora l’industria ma “ambientalizzarla”. Intanto i Commissari ex Ilva hanno già chiesto la proroga dei termini disposti dalla magistratura per l’uso dell’altoforno Afo2 – dove avvenne l’infortunio mortale di Alessandro Morricella, l’8 agosto 2015. Si tratta di un ultimatum dato ad AcelorMittal: il 13 novembre avrebbe dovuto presentare l’analisi di rischio e il 13 dicembre la progettazione degli interventi della messa in sicurezza dell’impianto.
«Sono impianti non a norma da anni e tutti lo sanno e lo sapevano, sono sotto gli occhi di tutti: dai dirigenti, ai sindacati, alla politica. Ha fallito la politica, il sindacato idem. Non sappiamo più a cosa pensare – dichiara un operaio – è uno scandalo, non ho parole.»
Le denunce, qui nella Città dei due mari, scattano davanti alle morti, dentro e fuori il ciclo di produzione. Un’azione di sensibilizzazione e di presa di coscienza che la salute, la vita, non vanno di pari passo con l’ex Ilva è in atto da tempo dalle tante realtà ambientaliste. Gli stessi operai non vogliono più lavorarci ma allo stesso tempo temono la perdita del lavoro. Anche loro sognano un’alternativa.
Nel corso della conferenza stampa tenutasi in Prefettura dopo il Consiglio di fabbrica, il premier Conte ha dichiarato: «Qui c’è un livello di disoccupazione tra i giovani altissimo. Qui c’è un’emergenza oltre che economica anche sociale. Non ho soluzioni. Qui si è aperto un cantiere.»

I DATI DEL REGISTRO DEI TUMORI E DELLE MALATTIE RARE
Intanto si chiede al premier di portare sul tavolo della trattativa, per aver maggior elementi che facciano riflettere, i dati del Registro dei Tumori e delle Malattie Rare. È stato dimostrato che all’aumento delle polveri è minore il quoziente intellettivo ed è invece maggiore il rischio del disturbo del neuro-sviluppo dei bambini che vivono al quartiere Tamburi, e in prossimità dell’indotto industriale.
«Questa è una comunità ferita, abbiamo colpa tutti. Qualsiasi attività deve avere un risvolto socialmente responsabile. Oggi ho guardato la rabbia in faccia, l’esasperazione», ha affermato il presidente.
Vuole e parla di progettualità. Non risponde, invece, sullo scudo penale ma dice che la città deve essere un’eccellenza in tutti i campi e conferma la necessità di riportare a Taranto l’Università con indirizzo in infortunistica e prevenzione suoi luoghi di lavoro.
Ad un anno dalla chiusura del contratto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, non ha avuto scelta: doveva venire a Taranto.

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Nata al quartiere Tamburi di Taranto ai piedi dell’Ilva, la più grande ed inquinante industria siderurgica d’Europa. Quelle polveri sottili, quella mancanza di informazioni sulla loro natura destano la sua curiosità e da qui inizia il percorso di attivista del quartiere, segno di fame dove tutto era impossibile a sapersi ma facile da vedere. Inizia a collaborare con testate giornalistiche locali, online e offline, dove mette al centro la comunità, le donne e il forte senso di appartenenza ad un territorio di frontiera il più delle volte con vita a sé. Le questioni sociali, ambientali sono il file rouge della sua attività nella redazione giornalistica di <strong>Telerama</strong> e di <strong>Radio Popolare Salento</strong>. Ha collaborato con <strong>NarcoMafie</strong>. Fondatrice di <strong>Donna a Sud</strong>, Festival delle culture al femminile del Mediterraneo. Vicepresidente dell’Associazione <strong>Iwoman</strong>. Creator di In <strong>Sommovimento</strong>, incontri e appunti tra culture contemporanee.